Lo Yoga che insegno viene dalla scuola di due grandi maestri: Sri Krishnamacharya e Sri T.K.V. Desikachar, fondatore del Krishnamacharya Yoga Mandiram e autore del bellissimo testo “Il cuore dello Yoga”.
L’obiettivo della pratica
L’ obiettivo della pratica Yoga non è il raggiungimento di posizioni sempre più difficili, bensì il raggiungimento (e il mantenimento) di uno stato fisico e mentale equilibrato e armonioso.
A livello fisico, attraverso le sequenze di asana, ci liberiamo di rigidità e tensioni. A livello energetico, attraverso l’uso consapevole del respiro, liberiamo e recuperiamo la nostra forza vitale (Prana). A livello mentale e emotivo affiniamo e discipliniamo la mente, rendendola uno strumento di crescita e consapevolezza.
TKV Desikachar
La personalizzazione della pratica
La pratica Yoga si svolge in piccoli gruppi o individualmente. In questo modo l’insegnante può osservare e interagire con ciascun allievo offrendo correzioni, supporti, consigli per trarre il massimo beneficio dalla pratica.
Lezioni di gruppo
Nelle lezioni in gruppo, l’insegnante, attraverso un’attenta osservazione degli studenti, adatta a ciascuno le posizioni, la loro durata e il modo di eseguirle. Gli studenti, sviluppando a loro volta una sempre maggiore consapevolezza di se’, apprendono a dosare con saggezza gli sforzi e a mantenere l’asse principale della postura.
Lezioni Individuali
Lo Yoga individuale è la forma più antica con cui veniva insegnato lo Yoga. L’ insegnante si relaziona con un singolo allievo, tenendo conto del suo stato di salute, della sua età, dei suoi obiettivi, del tempo che ha a disposizione, etc.
Allo studente viene quindi rilasciata una pratica personalizzata, che ripeterà a casa per un certo periodo di tempo per poi recarsi nuovamente dall’insegnante per verificare e variare la pratica in base ai risultati ottenuti.
Bhavana: il punto di vista
Il bhavana è un’ attenzione speciale, un “punto di vista” che si decide di mantenere nella sessione di yoga. Ad esempio l’osservazione consapevole del respiro, le sensazioni prodotte dai movimenti in una o più parti del corpo, l’apertura di una zona, la stabilità, la leggerezza, o anche una regola di comportamento nei confronti di se stessi o degli altri (yama o niyama), ad esempio la nozione di non violenza (Ahimsa). Anche un suono, un mantra, può essere utilizzato come bhavana, gli effetti a livello mentale saranno molto potenti. L’utilizzo di bhavana diversi varia enormemente l’effetto di una pratica e rende sempre nuovi e stimolanti anche gli esercizi ben conosciuti.
Progressione ed equilibrio
Gli esercizi più difficili sono preparati con una sequenza progressiva che alterna posture dinamiche e statiche, in una sapiente combinazione che sviluppa la conoscenza del corpo, la padronanza del respiro e la capacità di concentrazione della mente. L’ordine in cui vengono eseguiti gli esercizi non è casuale ma è studiato con attenzione per offrire al praticante un percorso armonioso e bilanciato. Le contro-posizioni sono molto importanti: agiscono da compensazione e proteggono il praticante dal dolore o dalla tensione che può accompagnare le posture più impegnative.
Respirazione ritmica e consapevole
Come regola generale, ispiriamo durante l’apertura e nei movimenti di espansione ed espiriamo nei movimenti di chiusura e contrazione. In alcuni casi questa regola viene invertita per sperimentare un effetto e una prospettiva diversi. La respirazione invita il corpo fisico e il sistema nervoso a rilassarsi e, di conseguenza, rilassa la mente.
Quando la consapevolezza del respiro diventa il legame tra il corpo e la mente. (Desikachar)
Durante la sessione vengono proposti diversi modi di respirare a seconda dell’effetto che si vuole produrre: energetico, rilassante, equilibrante. Ad esempio la respirazione addome/torace, il respiro di gola o ujjayi, le ritenzioni del respiro, le variazioni sul ritmo e sulla durata, ecc.
Stabilità e benessere (sthira e sukha)
Nel più celebre trattato sullo yoga, il saggio Patañjali definisce la postura mediante la presenza simultanea di due qualità: sthiram e sukham.
Sthira sukham āsanam (Yoga Sutra II.46)
Sthira significa fermezza, stabilità. Sukham significa benessere, essere a proprio agio. L’uno e l’altra sono intimamente connessi, così che uno è perfetto solo in presenza dell’altro:
Nella pratica l’atteggiamento di ascolto è fondamentale: durante una postura e tra ogni postura, l’insegnante propone un tempo di “non fare” inteso ad ascoltare le sensazioni corporee lasciate dalla postura. Questo stato crea “apertura” nel corpo e porta naturalmente l’esperienza dell’alchimia di sthira-sukha.
Il suono nella pratica Yoga
Il suono e i mantra vedici sono strumenti straordinari che propongo spesso nelle mie pratiche Yoga. Attraverso il suono possiamo lavorare con il nostro respiro, sviluppandone la potenza e la stabilità, calmare l’agitazione mentale, impregnare la mente di messaggi positivi, infine percorrere la via più diretta per la meditazione.