Diario di una viaggiatrice in India
✈️ Il primo volo, l’ansia e la valigia scomparsa
Il mio primo viaggio in India, nel lontano 2013, cominciò almeno tre mesi prima della partenza.
No, non per prenotare i voli, scegliere l’hotel o fare il visto.
Per l’ansia.
Quella vera, quella che, nonostante hai appena preso il diploma da insegnante di yoga, ti fa svegliare alle tre del mattino a cercare su Google “statistiche di sicurezza voli intercontinentali”. Quella che senti le farfalle nella pancia ogni volta che passa un aereo.
Fino ad allora, il mio volo più lungo (e l’unico) era stato Crotone-Roma, una roba da cinquanta minuti scarsi, più che un volo un lancio con l’elastico.
E ora, improvvisamente, mi ritrovavo in mano un biglietto per Chennai!
Una cosa tipo undici ore di volo, e tanto per non sbagliare, con tre scali. Me li ricordo ancora tutti: Roma – Parigi, Parigi – Dheli, Dheli- Chennai. C’è di positivo che superai per sempre la paura di volare. Mi è rimasta solo quella di cadere..
Una valigia in pellegrinaggio
Come se non bastasse, il viaggio cominciò subito in modo… epico.
La mia valigia decise di proseguire il suo percorso karmico in solitaria.
Io arrivo a Chennai, lei no.
Sparita. Dispersa tra un aeroporto sconosciuto e il karma.
Arrivò una settimana dopo di me, probabilmente più rilassata di quanto fossi io.
Per fortuna ero stata ben istruita dai miei compagni di viaggio e avevo infilato un paio di cambi nello zaino.
Da allora la filosofia dello zaino essenziale divenne stile di vita per me, più che uno zaino un kit di sopravvivenza.
Do you speak english?
Un’altra prova iniziatica fu il mio inglese. “Mio” nel senso che, a parte me, nessun altro capiva cosa dicessi. Credo di aver detto almeno un migliaio di volte:
“Sorry, I don’t understand”. Fosse stato un mantra avrei raggiunto l’Illuminazione…
Per fortuna Rossana era con noi: Maestra di yoga, sanscritista e insegnante d’inglese, è stata la mia salvezza e il mio Google Translate umano.
Assieme naturalmente ad Antonio, maestro e mentore, nonchè organizzatore dell’epico viaggio: gentile, paziente, sempre disponibile. Ci guidava tra voli, check-in, tassisti imbroglioni e pasti super speziati con la calma di un monaco zen abruzzese-romano.
Il primo viaggio non si scorda mai
Quel primo viaggio fu un miscuglio di emozioni, non sempre positive ma forse proprio per questo indimenticabili. Mi colpirono il caos, i profumi e gli odori talvolta estremi ed opposti, le donne coi sari di mille colori, coi fiori freschi intrecciati nei capelli, le rupie impregnate anche loro di odore di spezie..
Io che mi aggiravo come un’extraterrestre atterrata su un pianeta troppo vivo per essere vero.
Ma fu anche il viaggio che ha cambiato tutto.
Mi ha spinta oltre paure, confini, comfort zone.
E mentre scrivo queste righe, mi viene da sorridere al ricordo.
Perché nonostante l’ansia, il jet lag, e la valigia in ritardo…
ero subito pronta a ripartire: l’India aveva catturato un altro cuore.
Il mantra
Il mio percorso in India mi ha donato molto di piu di quanto cercassi, spingendomi oltre paure e confini interiori che non sapevo nemmeno di avere. Se dovessi abbinare un mantra ad ogni viaggio, al primo sicuramente metterei Sraddha, la fiducia, l’antidoto a tutte le paure.
Om Sraddhayai Namah




